360 anni e non sentirli: l’anniversario della fondazione del Corpo dei Granatieri ricorre nel 2019 e per l’occasione, l’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, in collaborazione con la Direzione del Museo Storico dei “Granatieri di Sardegna” e con il contributo di collezionisti privati, ha allestito una mostra, curata dal Gra. Generale Ernesto Bonelli, dal titolo “In principio era il Reggimento di Guardia”.
Documenti, cimeli, medaglieri, uniformi, armi e copricapi illustrano il percorso storico del Reggimento dalla fondazione al compimento dei 250 anni (1909) per illustrare la sua “primogenitura” rispetto alle Unità permanenti più antiche e durature dell’Esercito e delle Istituzioni Militari Italiane.
La Mostra è stata inaugurata dal Presidente nazionale ANGS, Gen. D. Giovanni Garassino, il 10 aprile scorso e resterà aperta sino al 30 giugno 2019, negli orari di apertura del Museo Storico dei Granatieri di Sardegna, in Piazza Santa Croce in Gerusalemme, 7 Roma (dal lunedì al venerdi : ore 09.00 -12.00).
Tra tutti i simboli dei Granatieri, spiccano gli alamari: era il 1747 quando 7.000 uomini del reggimento si batterono sui colli dell’Assietta contro i 31 battaglioni franco-spagnoli durante la Guerra di successione d’Austria. Oltre a resistere alle preponderanti forze nemiche, i Granatieri ignorarono l’ordine di ripiegamento del comando piemontese e addirittura riuscirono a conquistare il comando francese. Questo consentì ai piemontesi di contrattaccare e vincere i franco-spagnoli. Da allora, il re, ordinò che sulle giubbe dei Granatieri fossero applicati gli alamari bianchi delle truppe spagnole, come trofeo di quella vittoria. Ancor oggi, i Granatieri, unici nell’Esercito, portano al posto delle mostrine, gli alamari bianchi iberici.
“C’è un bellissimo articolo del 1938 – spiega il Gen. Ernesto Bonelli – della MOVM Giani Stuparich, Ufficiale dei Granatieri irredentista, che parla degli alamari: «Essi rappresentano una continuità di disciplina, d’ordine, di chiarezza, che tutti coloro che li portano, solo per il fatto di portarli, si trovano impegnati a mantenerla e a tramandarla». Chiunque li indossa, infatti, acquisisce le caratteristiche dei granatieri: la ferrea disciplina e l’onore militare, i nostri due comandamenti”.
Era il 18 aprile 1659 quando il Duca di Savoia Carlo Emanuele II, nel quadro della riforma degli apparati dello Stato, “levò” il primo Reggimento d’ordinanza della sua Armata Sabauda: chiamandolo “nostro”, ponendolo primo nell’ordine di precedenza tra i suoi Reggimenti ed assicurando al personale, in esso inquadrato, vari privilegi; rafforzò così il concetto di aver voluto creare una “istituzione” permanente al suo diretto servizio e del suo Ducato.
Nel corso dei 360 anni sono mutate le forme istituzionali dello Stato: Ducato di Savoia, Regno di Sardegna, Regno d’Italia, Repubblica Italiana e le strutture ordinative dell’Unità: Reggimento Guardie, Brigata Guardie, Brigata Granatieri Guardie, Brigata Granatieri di Sardegna, ma nulla è cambiato nello spirito degli uomini che nel corso dei secoli hanno militato tra le fila dei Reparti Granatieri, i quali all’ombra della Bandiera simbolo dello Stato, sono sempre rimasti fedeli alle parole del Duca fondatore: “Tanto eseguite e che Dio nostro vi conservi”.
La sede della mostra è un monumento fisico a questo motto: il Museo dei Granatieri, infatti, venne costruito nei primi anni ’20, a tempo di record, esclusivamente da personale dei Granatieri: dall’architetto fino all’ultimo operaio. Il progetto del Museo era stato realizzato da un tenente granatiere, l’architetto Francesco Leoni, e alla sua costruzione parteciparono esclusivamente membri della specialità. Fra questi soldati, tradizionalmente alti e robusti, vi erano infatti uomini che nella vita civile erano scalpellini, carpentieri, muratori, ebanisti, vetrai, perfino mosaicisti. Dopo appena due anni di lavori, il Museo veniva inaugurato dai regnanti di Casa Savoia, il 3 giugno del 1924. Lo stile è elegante, eclettico, con spunti liberty.
L’interno conta quindici sale che contengono armi di varia provenienza, sia italiana che straniera, telefoni da campo, elmetti e copricapi, decorazioni, quadri, busti, fotografie, trofei, planimetrie, bandiere, oggetti personali donati dai Granatieri stessi o dalle loro famiglie. Sulle pareti del Sacrario, sono incisi a lettere d’oro i nomi di 8.500 Granatieri caduti in tutte le guerre.
Nel museo sono conservate le prime bombe a mano, che furono dette “granate” perché all’interno erano piene di “grani” di polvere da sparo. Si trattava di sfere cave di ghisa, il cui guscio era spesso fatto a tasselli per agevolare la frammentazione delle schegge durante l’esplosione. Nel 1685 il re Vittorio Amedeo II di Savoia volle potenziare la capacità di fuoco del suo reggimento delle Guardie scegliendo per ogni compagnia sei soldati, scelti fra i più alti e coraggiosi, che potessero precedere le truppe lanciando a mano piccoli ordigni. Visto il successo dell’innovazione, i Granatieri aumentarono sempre di più fino a costituire intere compagnie.
Andrea Cionci